La Serenata per Archi di Čajkovskij
La Serenata per Archi di Čajkovskij op. 48 è una delle composizioni del catalogo cajkovskiano che corrispondono ad un periodo di crisi personale.Tra il 1877 e i primi anni ’80 Čajkovskij visse un periodo particolarmente difficile: nell’estate del ’77 fuggì da un matrimonio fallimentare durato pochissime settimane; nel 1880 morì il padre. Il grande travaglio interiore che il compositore dovette vivere, unitamente al sollievo per la fine del rapporto con la moglie e il successivo viaggio di svago all’estero (Svizzera, Francia, Italia), portarono Čajkovskij alla creazione di grandi capolavori che videro la luce proprio in questi anni: la Quarta Sinfonia (1877), il Concerto per violino e orchestra (1878), il Capriccio italiano (1880), l’Ouverture «1812» (1880) e la Serenata per archi in do maggiore op. 48 (1880), per citarne solo alcuni.
La Serenata per archi fu una composizione molto amata da Čajkovskij ed è sicuramente una delle pagine più eleganti del compositore russo. Scritta in poco più di un mese, nell’autunno del 1880, e dedicata all’amico violoncellista e compositore Karl (Konstantin) Karlovič Albrecht, la Serenata venne eseguita per la prima volta a San Pietroburgo alla fine d’ottobre dell’anno seguente, riscuotendo un grande successo.
La Serenata e il richiamo al classicismo
Il nome “Serenata” richiama un genere di composizione pluripartita in voga nella musica del 1700 che, tuttavia, nel secolo di Čajkosvkij non era più troppo frequentato dagli autori, se non per un intenzionale omaggio al Classicismo. È proprio in questo senso che va vista anche la Serenata di Čajkosvkij. Lo stesso compositore, come vedremo, non nascose di essersi ispirato, nel comporre questo lavoro, alla musica di W. A. Mozart, musicista che Čajkosvkij amava profondamente. D’altronde il Classicismo era stato fonte d’ispirazione anche per le sue Variazioni su un tema rococò del 1876-77 e lo sarà nuovamente per la Quarta Suite orchestrale del 1887, detta non a caso Mozartiana. Un Classicismo, tuttavia, filtrato attraverso il prisma della sensibilità e dell’estetica musicale di un autore di fine Ottocento, pienamente inserito nella propria epoca.
La Serenata: analisi e chiave di lettura
La Serenata per archi fu scritta a 5 parti, ma non è da eseguirsi a parti reali in quintetto; lo stesso autore, in occasione della prima edizione del 1881, pubblicò una nota sul retro del frontespizio, nella quale asseriva: “Più numeroso sarà l’organico dell’orchestra d’archi, più ciò corrisponderà ai desideri dell’autore”, di fatto non ponendo limiti al numero di esecutori.
L’opera consta di quattro movimenti.
I. Pezzo in forma di sonatina. Andante non troppo – Allegro Moderato
“Nel primo movimento ho reso tributo alla mia adorazione per Mozart: è un’imitazione volontaria del suo stile e sarei felice se giudicassero che non mi sono allontanato troppo dal modello di riferimento”
Così scriveva il compositore in una lettera alla sua mecenate, Nadežda von Meck nell’estate del 1881. In effetti, il brano di apertura della Serenata è una stilizzazione della musica del classicismo viennese. Il titolo stesso del movimento ne è testimonianza: sonate e sonatine non erano più così tanto in voga presso i compositori del tardo Ottocento eppure Čajkovskij intitola Pezzo in forma di sonatina il primo brano della Serenata e lo scrive proprio in forma-sonata. Il movimento si apre con una lenta introduzione, Andante non troppo, la cui melodia ritornerà ciclicamente sia come coda di questo primo movimento, sia, successivamente, nella sezione Molto meno mosso del Finale dell’intera Serenata.
II. Valse. Moderato. Tempo di Valse
Čajkovskij, esattamente come Dvořák aveva fatto cinque anni prima nella sua Serenata per archi op. 22, utilizza la forma del valzer come secondo movimento della propria Serenata. Una danza sì, come molte serenate dell’epoca classica avevano sotto forma di Minuetto, ma una danza in linea con lo spirito dell’epoca. Il brano è diventato molto celebre ed è spesso eseguito autonomamente (a Hollywood, intorno alla metà del XX sec. ne hanno perfino ricavato una canzone…).
III. Elegia. Larghetto elegiaco
Il terzo movimento è un’Elegia di estrema cantabilità in cui, dopo una breve introduzione dal carattere più solenne, si dipana un tema profondamente lirico, talvolta non privo di accenti finanche tragici. Una pagina in pieno stile čajkovskiano.
IV. Finale (Tema russo). Andante – Allegro con spirito – Molto meno mosso – Tempo I – Più mosso
Due sono, in realtà, i canti popolari russi utilizzati dal compositore nel finale della Serenata. Il primo, “Oh, come su un prato”, è, in realtà, un motivo vivace, ma Čajkovskij lo inserisce nell’Andante introduttivo, dandogli un carattere decisamente pacato; il secondo, “Sotto a un melo verde”, irrompe nell’Allegro con spirito, una danza frizzante e ricca di brio. Questo tema viene poi ampiamente elaborato secondo le tecniche compositive della forma-sonata con l’introduzione di un secondo tema dal carattere cantabile, affidato dapprima ai violoncelli e poi ai violini. Dopo il breve richiamo alla lenta introduzione del primo movimento, ritorna vorticosamente la danza nella vivace coda a conclusione dell’intera composizione.
Nel corso del XX sec. la Serenata per archi di Čajkovskij fu utilizzata, interamente o parzialmente, per la realizzazione di diversi balletti.